Sì, amore mio, anche lì,
come sempre,
al capezzale del letto,
ci siamo lasciati in fretta,
senza riuscire a dire
ciò che andava detto.
Anche in quel momento,
come sempre,
ho tenuto tutto dentro.
Forse perché
io non ho mai davvero
compreso le tue strade,
ma sapevo, per certo,
che tu eri
la strada, per me.
Stavi così, solo
su uno scoglio che il mare
corrodeva poco a poco
come un gabbiano disperato.
Avevi il dono di liberarti, d'un tratto,
d'ogni superficialità
e di vedere attraverso le cose.
Ti guardavo da lontano,
poi, piano piano,
mi avvicinavo
tra le rocce erose.
Te ne sei andato,
ora lo scoglio è vuoto.
Guardo lontano,
come un vecchio gabbiano
disperato.
Questo buio
attraversa l'anima,
e sembra eterna
questa notte,
come un amore perduto.
Raccolgo
ombre di memoria,
mentre il tempo scorre,
mi passa accanto
senza voltarsi.
Avessi ora
occhi per vedere
al di là di questo dolore
e mani
per toccarti il cuore,
e nuovi sogni
da vivere insieme:
ricordi?
Sollevo capo e pensieri,
specchiano la prima luce
i miei occhi pieni:
è un nuovo giorno che viene.
Da "Alfabeto degli addii" di Carlo Giraudo - Socremtorino